Tutte le volte che i commercianti hanno cambiato (in peggio) Roma

Confcommercio e Federmoda tornano all’attacco della tramvia su via Nazionale, ma non sarebbe la prima volta che una grande opera di mobilità della Capitale viene troncata.

Tutte le volte che i commercianti hanno cambiato (in peggio) Roma

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Per Confcommercio e Federmoda questo tram “non s’ha da fare, né ora, né mai”. In una nuova intemerata sulle pagine di Roma Today, Massimo Bertoni, presidente di Federmoda e titolare del negozio Socrate su via Nazionale, ha affermato che “il tratto incriminato in pratica non esiste in più, non si può fare. È un problema impossibile da risolvere”. Torna ancora la solita litania sull’uso dei bus elettrici, la scelta migliore a detta di Bertoni.

Il pezzo, tuttavia, chiude con una perla. Via Nazionale rappresenta, secondo Federmoda, “gli Champs Elysées [romani] di Parigi. Se uno dovesse proporre di far passare lì i tram verrebbe preso per pazzo. La strada diventerebbe più brutta e darebbe problemi ai commercianti che solo ora si stanno riprendendo. La TVA su via Nazionale ed i cantieri per realizzarla rappresenterebbe la mazzata finale sul commercio. Abbiamo l’esempio di via Flaminia dove la rete tramviaria ha ucciso gli esercenti di zona”.

Ricomincia, per l'ennesima volta, la macchina del fango della minoranza rumorosa, sostenuta dalla stampa locale e dall'opposizione in Campidoglio. Ma non è la prima volta che va così.

 

ANNI ‘60 – LA LINEA TRAMVIARIA “U”

Dopo la riforma tramviaria di Mussolini, voluta per liberare il Centro Storico dalla “stolta contaminazione tramviaria”, e le scelte scellerate legate alla motorizzazione di massa, la rete tramviaria di Roma stava per essere distrutta.

Nel 1965 Atac presentò il progetto della linea tramviaria “U”, per la forma particolare del tracciato che avrebbe abbracciato la città, ma cominciano le manifestazioni di protesta.

Primi fra questi manifestanti vi furono, ovviamente, abitanti e commercianti di viale Parioli e dintorni, che oltre alle solite obbiezioni alla rotaia legate come sempre al commercio, al parcheggio, eccetera, sventolarono anche, ecologisti ante litteram, la bandiera della protezione degli alberi del viale che, si diceva anche se non era vero, sarebbero stati posti in pericolo dalla linea aerea del tram. Per farla breve, nel gennaio 1969, il ministro dei trasporti in persona, il socialista Luigi Mariotti, in una generica comunicazione alle amministrazioni comunali, ma chiaramente indirizzata a Roma, intimò di "non concedere per il futuro concessioni per nuove linee tramviarie, dal momento che anche le linee esistenti andranno in breve tempo smantellate".

Fonte: tramroma.eu

Nel 1972 Atac riuscì con ingegno a salvare il tram, deviandolo su un percorso molto meno attrattivo in via Rossini, quindi via Aldrovandi e viale delle Belle Arti. Altre proteste dei commercianti montarono in via Cola di Rienzo e il tracciato venne nuovamente spostato su viale delle Milizie.

Alla fine, sebbene storpiato rispetto al tracciato originario, nel 1974 nacque la linea 19, il tram oggi considerato come il più romantico di Roma.


ANNI ’70 – L’INCREDIBILE DEVIAZIONE DELLA METRO A

Oltre al cambio di rotta del 19 i commercianti di via Cola di Rienzo riuscirono nell’impresa – fortunatamente mai più eguagliata – di deviare anche il tracciato della linea A della metropolitana. Nell’ambito della costruzione della tratta da ponte Pietro Nenni a Ottaviano, infatti, si prevedeva la costruzione mediante la tecnica del Cut&Cover: i commercianti, temendo il blocco del traffico dovuto ai cantieri della metropolitana, riuscirono a montare una protesta per spostare congiuntamente il tracciato della metropolitana sotto viale Giulio Cesare e i binari del tram su via delle Milizie.

Il risultato finale è nella realtà delle cose, con le fermate di Lepanto e Ottaviano che hanno sostituito quelle di Marcantonio Colonna e Risorgimento, in una posizione molto meno baricentrica e lontana da S. Pietro.


ANNI ’90 – LA PRIMA RESA DELLA LINEA DI VIA NAZIONALE

Sul finire degli anni ’90 la giunta Rutelli si fece promotrice della nuova linea tramviaria che da Termini avrebbe connesso Trastevere e il Casaletto. I lavori iniziarono con grande briga, con l’obiettivo di centrare il Giubileo del 2000, ma, una volta giunti con i binari allo scavalco del Tevere, cominciarono le solite pressioni di quanti vedono nel tram un nemico da ostacolare ad ogni costo.

La linea alla fine venne limitata al capolinea “provvisorio” di Argentina. La promessa, diranno i politici dell’epoca, sarà quella di aspettare la fine dell’Anno Santo per procedere successivamente con il prolungamento programmato che poi non si fece più.

Parliamo della linea 8 che nel 2013 venne attestata a piazza Venezia, anche qui non senza le proteste dei negozianti di via delle Botteghe Oscure, con un nuovo capolinea che pose fine a qualsiasi opportunità di prolungamento verso Termini su via Nazionale.

 

TEMPI RECENTI – IL TRAM DI VIA CAVOUR

Per evitare le polemiche legate al capolinea di piazza Venezia di alemanniana memoria, il sindaco Ignazio Marino nel 2015 annunciò il prolungamento dell’8 a Termini attraverso un itinerario alternativo su via dei Fori Imperiali, via Cavour e piazza Vittorio Emanuele. Un percorso decisamente più lungo e contorto rispetto a via Nazionale e che comunque non mancò di scatenare le ire dei commercianti della zona.

Ciò nonostante, il progetto attraversò indenne la consiliatura successiva, con la sindaca Raggi che inserì l’asse di via Cavour nel PUMS e ottenne nel 2020 dal MIT i fondi necessari alla realizzazione della linea. Montarono ancora una volta le proteste, anche sostenute da un ricorso al TAR del Lazio contro l’isola ambientale di via dei Serpenti: come al solito i residenti prevarranno, con il progetto che sarà ridotto ai minimi termini e le automobili libere di scorrazzare dietro le quinte dei Mercati di Traiano.

Per il tram la fine fu segnata. Tutto si è bloccato al nuovo cambio di casacca: le cronache recenti ricordano che l’assessore Patané ha cancellato la tramvia di via Cavour, escludendola dal progetto CArMe (Centro Archeologico Monumentale ai Fori Imperiali) con la conseguente rimodulazione delle risorse a favore del deposito tramviario di Centocelle.


OGGI – LA SECONDA RESA DELLA TVA?

Nonostante Patané abbia promesso di blindare il rilancio della tramvia Termini-Vaticano-Aurelio per sopperire alla cancellazione della tramvia dei Fori su via Cavour, la ferma volontà nell’ultimo anno ha cominciato a vacillare.

Accesi e sobillati dalla stampa locale e dai consiglieri dell’opposizione di destra, sul cui ruolo potremmo scrivere pagine e pagine di parole ineleganti, i commercianti che nel 2000 ottennero l’amputazione dell’8 sono tornati alla carica. Il primo risultato concreto sono state le consultazioni pubbliche che a inizio 2024 hanno ritardato l’avvio dei lavori, costringendo a partire dalla tratta periferica a causa delle scadenze inderogabili del PNRR, e che adesso hanno aperto una crepa nella “ferrea” volontà dell’amministrazione Gualtieri.

Si è tornati, qualche giorno fa, a parlare nuovamente di “valutazioni da fare”, binari unici e altre menate di varia natura, oltre ai rinnovati attacchi di Confcommercio e Federmoda.

La nostra sensazione è che a questo punto Gualtieri possa legare il suo possibile secondo mandato anche al completamento della TVA su via Nazionale, sebbene la realizzazione sia tutto fuorché certa anche nel caso di una rinnovata fiducia popolare.

 

IL RUOLO DEI CITTADINI

Roma da almeno 30 anni a questa parte è bloccata in un refrain del “ricomincio daccapo”, nel quale ogni 5 anni si azzerano tutti i progetti di mobilità e si ricomincia daccapo pieni di speranze per poi finire in un mare magnum di petulante delusione. Un disturbo ossessivo compulsivo nel quale la politica tutta ha interesse a intrappolare la cittadinanza.

Un circolo psicotico che, dal piccolo del nostro blog e delle altre associazioni/comitati per la mobilità pubblica, siamo riusciti a rompere parzialmente col PUMS, che ha avuto il merito di far sopravvivere una parte dei progetti di mobilità all’ultimo cambio del sindaco.

Delle due l’una. Come cittadini possiamo scegliere di passare i prossimi anni dallo psicologo, chiedendoci della nostra infelicità derivante da una qualità di vita scarsa (legata in larga parte dalla qualità dei trasporti), oppure possiamo partecipare alla vita politica e collettiva, evitando di delegare il politico di turno a soddisfare le nostre necessità solo al momento del voto.

La complicata vita politica di Roma va vissuta 365 giorni all’anno, non una volta ogni 5 anni.

Informatevi, leggete e protestate, quando necessario. Perché da una parte abbiamo una lobby ben organizzata in associazioni e federazioni, dall’altra il tessuto sociale di Roma è completamente sciolto e inerme alle pretese di una minoranza rumorosa.

Siate consapevoli che la mobilità da “capitale europea” alla quale Roma aspira non potrà mai essere ottenuta senza sacrifici, sangue amaro e anni di cantieri.

Solo così sarà possibile, finalmente, iniziare a migliorare.

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